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Lettera di Augusto Battaglia a Milena Gabbanelli sulla puntata di Report del 17/10/2009

Gentile dottoressa Gabanelli,

ho appena seguito su You-tube la puntata di Report di domenica 17 ottobre, dove Lei ha avuto la cortesia di dedicare di nuovo una particolare attenzione alla mia persona. Devo dire che ancora una volta ho dovuto registrare un’operazione mediatica faziosa, tesa a deformare la realtà ed a screditarmi. Me ne dispiace, soprattutto perché pensavo che i miei precedenti scritti avessero chiarito la vicenda. Evidentemente non è stato così e sarà sicuramente dipeso da me.

In un primo momento ho pensato di lasciar perdere, se ne dicono tante in TV. Poi mi è venuta in mente la canzone di Vasco, quella che fa “Sì, stupendo…” con quello che segue, e qualcosa si è ribellato in me. Ed allora mi sono detto che bisognava comunque avere fiducia nel prossimo e che, quindi, era meglio scriverLe nuovamente. In italiano questa volta.

I precari, innanzitutto. Nella trasmissione sono quello che non vuole stabilizzare i precari, per di più nel malcelato tentativo di tutelare interessi di cooperative o altri soggetti economici. Quello che ha osato non piegarsi ai tumulti della piazza, alla quale peraltro Lei ha offerto un potente amplificatore. Per la cronaca, i precari li ho trovati. All’epoca in cui venivano assunti in quantità industriale voi eravate distratti, in tutt’altre faccende affaccendati e, soprattutto, i vostri interlocutori si guardavano bene dal cercarvi.

Secondo le RdB e Report avrei dovuto far assumere, subito e senza concorso, tutti i “cosiddetti” precari del Sant’Andrea: infermieri, assistenti, impiegati, cuochi, addetti alle manutenzioni ed alle pulizie. Perché non il giornalaio all’ingresso? “Cosiddetti” perché si trattava di dipendenti a tempo indeterminato di società vincitrici di appalti pubblici o di agenzie di lavoro interinale. E non si capiva perché non procedessi dal momento che, secondo la sua trasmissione, la Regione avrebbe oltretutto risparmiato.

Nella mia precedente missiva Le avevo evidenziato difficoltà di diversa natura. In primo luogo economiche. Il deficit sanitario ereditato ammontava a quasi due miliardi di euro all’anno. C’era il Piano di Rientro ed il blocco delle assunzioni per il 2007. Non potevamo permetterci incrementi di spesa, dovevamo quindi procedere con cautela e concordare ogni delibera con il Governo. Le avevo per di più chiarito, e glielo confermo, che i suoi giornalisti in buona fede erano caduti in errore, confondendo l’acquisto di 36 ore di servizio infermieristico con l’assunzione di un infermiere a 36 ore. Non è la stessa cosa, perché i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro sono differenti e l’assunzione trasferisce dall’impresa appaltatrice all’azienda sanitaria oneri per ferie, permessi vari, scatti, 104, malattie, TFR, costi di organizzazione. Come vedrà dalle tabelle allegate, la differenza è sensibile, fino a 6.000 euro all’anno, che, moltiplicata per migliaia di lavoratori, diventa un aggravio notevole per i conti sanitari.

Ciononostante ho sempre sostenuto con chiarezza ed in tutte le sedi, compresa l’assemblea delle Rdb all’ospedale San Giovanni il 4 aprile 2008, che bisognava comunque stabilizzare e reinternalizzare una parte consistente dei cosiddetti precari non solo per rispondere ad una comprensibile aspettativa dei lavoratori, ma per altre, altrettanto o forse più importanti, ragioni. Non si può garantire qualità in sanità, pensiamo ad una sala operatoria o ad un Pronto soccorso, con personale che ruota in continuazione o non adeguatamente selezionato. E non si possono gestire le attività amministrative fondamentali con personale preso a prestito. Ma l’operazione andava fatta per tutti, non solo per quelli del Sant’Andrea, perché strillavano più forte degli altri, vantavano generosi sponsor in Consiglio regionale a sinistra come a destra e qualche conoscenza nella redazione di Report. E tutti gli altri? Quelli delle altre ASL, del Policlinico, di Tor Vergata, quelli di Frosinone. A quelli chi ci doveva pensare?

Ci dovevamo pensare il mio assessorato ed io, naturalmente. Per questa ragione avevamo avviato una ricognizione in tutte le aziende ed una non facile trattativa con le organizzazioni sindacali, quelle vere, non quelle che agitano e basta, quelle che si assumono responsabilità firmando i contratti. Con quelle abbiamo sottoscritto un’intesa il 15 marzo 2007 e definito linee di indirizzo uniformi per tutte le aziende. Su mia proposta veniva poi approvata la Delibera di Giunta Regionale n. 345 del 8 maggio 2008, che recepiva l’intesa e l’atto di indirizzo ed autorizzava una prima quota di 800 unità da stabilizzare entro il 2008, di cui 200 entro giugno.

La stabilizzazione andava fatta gradualmente, con procedure concorsuali certe e rispettose delle leggi, per i lavoratori precari e per gli addetti alle attività delle Aziende Sanitarie impropriamente esternalizzate. Attività che andavano individuate tramite accordi concertativi a livello aziendale con le organizzazioni sindacali firmatarie dell’intesa, dando priorità agli operatori a diretto rapporto con il malato. Il gioco delle tre carte, dottoressa, non l’ho fatto io, lo ha fatto Lei con abilità nella sua trasmissione, negando ai telespettatori tutte le informazioni corrette. Io, al contrario, ho avuto il coraggio e l’onestà di giocare a carte scoperte ed ho agito con coerenza. Non le sfugge il fatto che, per il mestiere che faccio, un facile consenso di migliaia di persone e di famiglie avrebbe fatto comodo anche a me.

E’ vero, a distanza di due anni, si è dato poco seguito a quell’accordo. Ma in mezzo c’è stato un commissariamento, che nulla ha a che vedere con i precari e che ha portato tra l’altro al blocco pressoché totale delle assunzioni. E ne chiede conto a me? Il perché lo chieda al Governo, ai Commissari, ai vertici del Ministeri della Sanità e del Tesoro. E, se capita in Via XX Settembre, chieda un po’ come mai fino al 2005, cioè fino a che non siamo arrivati noi, non ci si era accorti che andava cumulandosi un deficit di 9 miliardi e 600 milioni di euro, una voragine che non poteva sfuggire ad occhi attenti e competenti. Tanto più che c’erano i revisori del Tesoro nelle aziende sanitarie. Contavano balle o nessuno leggeva le loro relazioni?

E veniamo al commissariamento. Sono la persona meno indicata a dare giudizi su una vicenda quantomeno nebulosa. Lei lo ha presentato come se a guidare la Sanità del Lazio ci fosse stato uno sprovveduto ed irresponsabile spendaccione. Ma Lei non è la giornalista che fa inchieste? Ha per caso visto i numeri? Chi ha una telecamera ha anche una grande responsabilità. La devo deludere anche qui. Perchè i dati ufficiali dicono che abbiamo ereditato un deficit di 1.992 milioni di euro nel 2005, lo abbiamo portato nel 2006 a 1.601 e nel 2007 a 1.290. Niente male – che ne dice? – senza ticket né balzelli vari, con tutti gli indici del sistema sanitario in crescita positiva (dati ufficiali Lazio Sanità). Mi auguro che il trend virtuoso prosegua sotto la lungimirante regia dei ministri del Governo Berlusconi.

Vede, dottoressa, in tre anni alla guida della sanità del Lazio non ho “tirato a campare”. Credo di aver svolto, insieme a tanti funzionari dell’Assessorato, ai Direttori Generali, agli operatori della sanità, un lavoro quotidiano difficile e durissimo. Un lavoro che ha dato risultati concreti, che nessuno può cancellare. Abbiamo abbattuto il deficit come nessun altro prima, aumentato le prestazioni e rafforzato le rete dei servizi. Abbiamo cercato di arginare consorterie e massonerie varie, scardinato meccanismi di corruzione, avviato controlli ed indagini che hanno recuperato risorse alla Regione e portato a deliberazioni giudiziarie anche pesanti. Abbiamo fronteggiato campagne mediatiche violente, malevoli ed interessate. Abbiamo resistito a lusinghe e pressioni dei potentati della sanità. Per gli intoccabili Angelucci ero “l’assessore deficiente”, per quello che leggo sui giornali lo considero un complimento.

Ci siamo fatti qualche nemico ed era forse inevitabile. L’elenco, ahimè, è lungo. Si vuole aggiungere anche Lei, dottoressa Gabanelli? Bene arrivata, avanti c’è posto! Mi auguro solo che la variegata compagnia non Le possa creare un qualche imbarazzo.

Mi scusi i toni, ma ho trentotto anni di vita politica, e non solo, da difendere. E sono anche interessato, mi auguro quanto Lei, a fare verità. Per questo La invito a considerare quanto sopra ed a valutare l’opportunità di aggiornare la sua inchiesta con un’informazione più corretta. Magari non come l’altra volta, quando mi chiese scusa mentre i titoli di coda scorrevano frettolosamente. Che altro Le devo dive, se lo ritiene utile, può contare sulla mia disponibilità. Cordialmente.